Stati emozionali opposti mediati da
circuiti paralleli
LORENZO L. BORGIA
NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 15 settembre
2018.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
L’aspetto delle cose varia secondo le emozioni;
e così noi vediamo magia e bellezza in loro,
ma, in realtà, magia e bellezza sono
in noi.
[Kahlil Gibran]
La magia e
la bellezza della vita, così come i suoi dolori e i suoi tormenti, non sono
altro che stati della nostra mente generati dai sistemi neuronici che elaborano
le esperienze, creando il nostro vissuto di emozioni, affetti e sentimenti.
Eventi e circostanze vissute ci inducono reazioni di paura, ira, piacere, gioia
o dolore, che ci appaiono inevitabili, e spesso sono connesse con risposte
elementari e istintive che precedono il vaglio cosciente di una nostra elaborazione
ragionata. Altre volte – e forse più spesso di quanto siamo disposti ad
ammettere – abbiamo la possibilità di intervenire sui contenuti qualitativi
della nostra mente, cercando di farli mutare, e magari volgendoli ad un affetto
del tutto opposto: da un’accorata preoccupazione ad una gaia spensieratezza,
come canta Baldassarre in una delle più rappresentate commedie di Shakespeare:
“E in ogni
guisa fra giochi e risa
mutate
l’intimo vostro rovello
in un
ironico bel ritornello.
Trallerallera,
trallalallà”[1].
Anche se
gli effetti di evocazione di un’emozione sono generalmente più forti di ogni
tentativo cosciente e razionale di sostituirla con un’altra, e, al massimo, si
ottiene che lo stato affettivo della mente muti disposizione pur persistendo l’attivazione
emozionale iniziale alla quale si cambia interpretazione, la possibilità
teorica di un rapido mutamento di stato d’animo ha una sua base
neurofisiologica nell’esistenza di circuiti paralleli che mediano stati emotivi
opposti[2].
Uno studio,
condotto da William Giardino con colleghi coordinati da Luis de Lecea,
avvalendosi di strumenti geneticamente codificati per monitorare, manipolare e
mappare selettivamente piccole reti neuroniche, ha definito due circuiti paralleli
che promuovono risposte comportamentali opposte a stimoli emozionali. Tali vie
nervose, che vanno da nuclei dell’amigdala
estesa all’ipotalamo,
costituiscono un esempio delle nuove conoscenze sulle basi cerebrali delle
emozioni e richiamano il percorso compiuto dalla ricerca, con l’evoluzione dei
concetti e delle nozioni che hanno guidato i progressi in questo campo.
Le basi
del comportamento istintivo e delle emozioni costituiscono un importante
capitolo della neurofisiologia classica, il cui fondamento culturale nasce quando
le conoscenze derivanti dalla sperimentazione animale impongono l’abbandono
della schematica concezione ottocentesca originata dal dualismo fra ragione e
passione, e lo sviluppo di concetti operativi in grado di rappresentare, sia
pure in forma imperfetta, le distinzioni dettate dalle specificità
morfo-funzionali. La reazione di attacco
o fuga, detta anche “a cortocircuito”, diviene il prototipo
neurofisiologico per concepire e studiare rabbia
e paura; si assume il modello di “rabbia
artificiale o fittizia” dovuto a lesioni diencefaliche; si introduce il
concetto di “motivazione” per indicare lo stato che induce all’auto-stimolazione
compulsiva l’animale con un elettrodo inserito profondamente nel cervello, e si
chiama “sistema a ricompensa” il circuito neuronico responsabile della
sensazione di piacere che sostiene questa ripetizione coatta.
L’egemonia
della ricerca anglo-americana e l’adozione dell’inglese quale lingua della
comunicazione scientifica hanno determinato l’uso di espressioni quali emotion e feeling secondo significati che non corrispondono del tutto al
valore semantico dei termini emozione
e sentimento nella nostra lingua[3], ed hanno visto l’abbandono del termine affetto[4] che, dalla tradizione filosofica latina del
termine affectus derivata dal
significato aristotelico di stato interno
in risposta a stimoli esterni, indica in modo più appropriato ed efficace
di feeling lo stato qualitativo della
mente che accompagna le differenti esperienze.
Il termine emotion
è comunemente impiegato in due differenti significati: 1) la reazione dell’organismo
ad alcune categorie di stimoli, quali quelli che inducono aggressione o fuga;
2) lo stato mentale che accompagna tale reazione. Ma l’orientamento culturale
dei ricercatori leader in questo
campo di studi, seguendo una tradizione consolidata nella ricerca e
culturalmente riferita a William James[5], identifica le emozioni con l’assetto
neuroendocrino e psicomotorio dell’organismo, separando la componente mentale,
quale oggetto di studio della psicologia.
A tale
orientamento può essere riportata la distinzione proposta nel capitolo Emotions and Feelings dei Principles of Neural Sciences da Joseph
E. LeDoux e Antonio R. Damasio: “Insomma, le emozioni (emotions) sono risposte comportamentali e cognitive ampiamente
inconsce innescate quando il cervello rileva uno stimolo significativo caricato
positivamente o negativamente. I feelings
sono percezioni coscienti di risposte emozionali”[6]. Considerato che le reazioni emozionali sono
schemi neurofisiologici conservati nel corso dell’evoluzione e presenti in
organismi molto semplici, la distinzione proposta da LeDoux e Damasio consente
di considerare le emozioni (emotions)
come processi condivisi da molte specie e indagabili mediante la ricerca
animale e comparata, mentre i sentimenti o affetti (feelings) quali accadimenti coscienti tipici dell’uomo[7].
Un aspetto
di grande rilievo nello studio delle basi neurofunzionali delle emozioni,
soprattutto perché lega il processo reattivo alla biologia dell’organismo, è
che una serie di stimoli è in grado di evocare la risposta automaticamente,
senza bisogno di una precedente esperienza, come se vi fosse una conoscenza
ancestrale da parte dell’animale circa il valore di quelle percezioni. A tali
stimoli si riconosce una qualità, convenzionalmente definita competenza emozionale, che può fungere
da ancoraggio per l’acquisizione della capacità evocatrice da parte di stimoli
in origine neutri, ma poi collegati da apprendimento associativo a quelli in
grado di generare risposte innate. Così, accanto alla gamma degli stimoli che
innesca invariabilmente risposte corporee in una specie animale, può
svilupparsi un repertorio associato di evocatori in conseguenza delle
esperienze memorizzate nel corso della vita di ciascun individuo.
Il rilievo
di stimoli emozionali comporta l’attivazione del sistema endocrino, del
versante viscero-effettore dell’autonomo e del sistema muscoloscheletrico. Le
ghiandole endocrine e i neuroni che rilasciano molecole-segnale nel sangue
secernono e inviano ormoni nel torrente circolatorio; il sistema nervoso
autonomo media i cambiamenti fisiologici degli apparati cardiocircolatorio,
respiratorio e gastroenterico; e, infine, il sistema muscoloscheletrico dà
luogo all’esecuzione di schemi somatici quali l’arresto, l’attacco o fuga e le espressioni del viso.
La storia
della ricerca sulle basi biologiche delle emozioni coincide con quella degli
studi che hanno indagato la neurofisiologia dello stress; pertanto, si rimanda ai cenni storici riportati nella
recensione dal titolo Disfunzioni di
circuito nel disturbo post-traumatico da stress, pubblicata contestualmente[8].
L’identificazione
del sistema limbico con la base
neurale delle emozioni ha retto a lungo, quale nozione della neurofisiologia
classica, ma di fronte all’evidenza che il danno della maggior parte delle
formazioni appartenenti a tale sistema non aveva gli effetti presunti in base
ad un ruolo nella mediazione delle risposte emozionali, ha spostato
l’attenzione sulla parte che risultava sempre attiva nelle verifiche
sperimentali: il complesso nucleare amigdaloideo.
Studi
sull’apprendimento condizionato ad evitare stimoli minacciosi hanno dimostrato
fin dagli anni Cinquanta una partecipazione dell’amigdala alle reazioni di paura[9]; successivamente, è stato impiegato il
condizionamento pavloviano che, dagli anni Ottanta, è divenuto il protocollo
sperimentale preferito.
Ricordiamo
qualche nozione anatomo-funzionale sull’amigdala, con l’aiuto di un brano già
riportato altre volte:
“L’amigdala
o corpo nucleare amigdaloideo[10] è un agglomerato nucleare pari e simmetrico
grigio-rossastro a forma di mandorla del diametro di 10-12 mm, situato nella
profondità dorso-mediale del lobo temporale, in prossimità topografica della
coda del nucleo caudato, ma non collegata fisiologicamente al controllo motorio
e procedurale dei nuclei del corpo
striato. L’amigdala, da una
parola greca che vuol dire mandorla,
occupa la parte anteriore del giro paraippocampico e la parte iniziale dell’uncus, sporgendo davanti al corno di
Ammone. Descritta in anatomia con i nuclei della base telencefalica, al suo
interno è composta da agglomerati di pirenofori che formano una dozzina di
piccoli nuclei classificati in vario modo, anche se più spesso ripartiti in tre
aree: amigdala laterale (AL), amigdala centrale (AC) ed amigdala basale (AB).
In neurofisiologia l’amigdala è tradizionalmente considerata parte del sistema limbico ma, come è noto, la
concezione di Paul McLean secondo cui l’insieme delle aree filogeneticamente
più primitive costituiva una unità funzionale, detta anche cervello emotivo, è venuta a cadere nel tempo e l’amigdala è stata
indagata spesso separatamente o nei suoi rapporti con aree neocorticali. Anche
se negli ultimi decenni è stata studiata soprattutto in relazione alla paura e all’apprendimento della paura condizionata, i suoi sistemi
neuronici intervengono in una gamma considerevole di processi, quali quelli
relativi al conferimento di valore
d’affezione a stimoli percettivi, alle associazioni con stimoli sessuali, alle risposte di attenzione motivata in chiave di interesse edonico o di allerta e di
allarme. Inoltre, come faceva
rilevare il nostro presidente, numerosi studi suggeriscono che questo complesso
nucleare, con le sue estese connessioni, svolga un ruolo critico nella
regolazione di vari comportamenti cognitivi
e sociali, oltre che affettivo-emotivi”[11],[12].
Un’ampia
sperimentazione ha verificato il ruolo dell’amigdala nella paura innata degli
animali, e vari altri lavori hanno accertato l’importanza di questo aggregato
nucleare nella mediazione della paura, dell’ansia e di altre risposte
emozionali nella nostra specie. Anche se negli ultimi decenni la massima parte
della ricerca sulle emozioni ha indagato le basi delle reazioni di paura e
delle memorie connesse, non è stato trascurato lo studio delle emozioni
positive, che ha rivelato una partecipazione dell’amigdala, in particolare
nell’elaborazione della ricompensa.
Le prove
sperimentali che hanno indotto ad abbandonare la teoria del sistema limbico non
hanno però escluso la partecipazione di altre aree e formazioni cerebrali,
oltre l’amigdala, all’elaborazione delle esperienze emotive. Ad esempio, nella
paura condizionata e incondizionata, accanto ai nuclei amigdaloidei
intervengono aree dell’ipotalamo e
del tronco encefalico, come il grigio periacqueduttale. L’importanza
della corteccia cerebrale nella mediazione dell’esperienza emotiva è stata
provata da tempo, e numerosi studi hanno documentato l’intervento della parte ventrale della corteccia cingolata anteriore, così come
la partecipazione dell’insula (di
Reil) e della corteccia prefrontale
ventromediale. I circuiti realizzati dalle connessioni di queste regioni
sembrano essere particolarmente importanti nella mediazione di stati emozionali complessi.
Gli stati
affettivo-emotivi complessi sono generalmente considerati e studiati in
rapporto all’esperienza interpersonale e vanno dall’empatia all’orgoglio,
dall’imbarazzo alla colpa. Seguendo la distinzione di LeDoux e Damasio, i
sentimenti (feelings) costituiti
dall’esperienza cosciente di un’emozione, sono studiati nell’uomo mediante il neuroimaging funzionale, ossia la PET e
la fMRI, in rapporto a condizioni evocatrici obiettivamente verificabili. Dai
risultati di questi studi sta emergendo un quadro di notevole complessità.
(W. J. Giardino, et al. Parallel circuits from the bed nuclei of stria terminalis to the
lateral hypothalamus drive opposing emotional states. Nature Neuroscience 21, 1084-1095,
2018).
La provenienza degli autori è la seguente: Department
of Psychiatry & Behavioral Sciences, Stanford University, Stanford, CA
(USA).
Giardino e
colleghi hanno focalizzato i loro interessi sperimentali su una particolare
classe di neuroni dell’ipotalamo laterale
(nucleo ipotalamico laterale), che si ritiene moduli le componenti affettive dell’attivazione emozionale. Si tratta delle cellule caratterizzate dal
peptide oressina o hypocretin (HCRT), analizzate in molti
studi, ma il cui input sinaptico
principale rimane poco definito. I ricercatori sono riusciti ad identificare
l’afferenza sinaptica ai neuroni dell’ipotalamo laterale in assoni provenienti
dalle cellule dei nuclei del letto della
stria terminale (BNST). Tale area costituisce una delle regioni encefaliche
che maggiormente risponde allo stress
ed è stata implicata nella dipendenza da alcool[13].
Giardino e
colleghi considerano i BNST come una “regione eterogenea dell’amigdala estesa”,
anche se questa affermazione non è del tutto corretta. Infatti, La
denominazione “amigdala estesa” si adopera per indicare una macrostruttura
formata dalla porzione centromediale del complesso dei nuclei amigdaloidei, dal
nucleo mediale del letto della stria terminale e dalla colonna di neuroni che
attraversa la sostanza innominata sub-lenticolare posta fra essi. Da alcuni è
stata proposta l’inclusione nell’amigdala estesa di parti mediali del nucleo accumbens.
In ogni
caso, i BNST sono sede sinaptica di neuroni di proiezione della lamina V, che
inviano assoni anche ad amigdala e ipotalamo, quale parte di una via che si
ritiene possa mediare le risposte affettivo-emotive al dolore[14]. Alcune evidenze indicano che i BNST sono
indispensabili per inibire la risposta cardiovascolare allo stress, ed altri studi hanno accertato
che la regolazione della frequenza cardiaca mediante la stimolazione o
inibizione di questi nuclei dipende dal parasimpatico[15].
Nel nucleo laterale del letto della stria
terminale è stato individuato, presso i terminali sinaptici di assoni di
provenienza mesolimbica, il neuropeptide W, che interviene nella regolazione
emozionale, omeostatica e alimentare[16]. Nei nuclei
del letto della stria terminale è stata anche osservata una riduzione di
attività concomitante con quella di amigdala e area preottica ipotalamica in
montoni con basso interesse sessuale per le femmine[17]. In alcuni studi, nei BNST è stato riscontrato
il massimo dimorfismo sessuale cerebrale[18].
Ritornando
al lavoro di Giardino e colleghi, i ricercatori hanno caratterizzato due sub-popolazioni di neuroni inibitori
GABAergici dei BNST, che proiettano entrambe all’ipotalamo laterale, ma non sono in alcun modo sovrapponibili. In
particolare, ciascuno di questi due sottoinsiemi interneuronici esprime un
neuropeptide particolare, che si può considerare distintivo della classe: il
primo è il corticotropin releasing factor
(CRF); il secondo è la colecistochinina
(CCK).
Per
indagare la fisiologia del circuito fra BNST e ipotalamo laterale, e in
particolare il ruolo delle due sottopopolazioni GABAergiche, sono stati
impiegati, in topi in libera attività, strumenti per monitorare e manipolare l’attività
neurale con risoluzione specifica per il tipo cellulare. È risultato che gli
interneuroni Crf-BNST forniscono un input abbondante, attraverso fitte
terminazioni sinaptiche ai neuroni post-sinaptici dell’ipotalamo laterale Hcrt; al contrario, la popolazione Cck-BNST realizza un’afferenza diradata
sui neuroni ipotalamici Hcrt.
Entrambe le sub-popolazioni presentano risposte definite a stimoli salienti, ma guidano comportamenti con valenza emozionale
opposta, e ricevono proporzioni differenti di informazioni in entrata dalle
reti neuroniche poste a monte.
Presi
nell’insieme, i dati emersi da questa sperimentazione – per il cui dettaglio si
rimanda al testo dell’articolo originale – forniscono un modello evoluto di
come vie parallele che vanno dai BNST all’ipotalamo laterale promuovano stati
emotivi divergenti attraverso schemi di connettività di sub-popolazioni
neuroniche specifiche per circuito e geneticamente definite.
L’autore della
nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono
nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella
pagina “CERCA”).
Lorenzo L.
Borgia
BM&L-15 settembre
2018
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scientifica e culturale non-profit.
[1] William Shakespeare, Molto rumore per nulla (Much Ado About Nothing), estratto dalla
canzone di Baldassarre (Atto II, scena III) nella traduzione di Goffredo Raponi;
cfr. anche in William Shakespeare, Teatro
Completo, Vol. II, Le Commedie
Romantiche (a cura di Giorgio Melchiori, con testo inglese a fronte), p.
299, I Meridiani – Collezione, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1982.
[2] Naturalmente, si presume che
tali vie opposte appena identificate siano attivate da stimoli esterni opposti;
tuttavia, si può supporre che la stretta contiguità anatomica e omogeneità
funzionale possa facilitare l’attivazione alternativa da parte di processi
interni dipendenti dalla coscienza.
[3] Lo stesso può dirsi per le altre
lingue neolatine.
[4] Utilmente conservato in
psichiatria.
[5] William James, il padre della
psicologia americana, riduceva le emozioni alle reazioni corporee, e sosteneva
che su questo stato funzionale “il cervello costruisce una storia” che
corrisponde alla psicologia di affetti e sentimenti.
[6] Kandel, Schwartz, Jessel,
Siegelbaum, Hudspeth, Principles of Neural
Sciences. p. 1078, McGraw Hill Medical, 2013. [traduzione dell’autore].
[7] Questa distinzione, utile ma
grossolana, implicitamente considera la coscienza,
con i suoi contenuti ideativi e affettivi, una prerogativa esclusiva della
nostra specie, secondo una visione non accettata dalla maggior parte dei
ricercatori.
[8] Note e Notizie 15-09-18 Disfunzioni
di circuito nel disturbo post-traumatico da stress.
[9] Lawrence Weiskrantz scoprì che
la base delle reazioni emozionali della sindrome di Kluver-Bucy era l’amigdala.
[10] L’esposizione che segue è tratta
da un brano di una relazione tenuta nel 2010 dal presidente della Società
Nazionale di Neuroscienze (si veda in Note
e Notizie 20-11-10 Basi cerebrali della psicopatia, un disturbo ignorato dal
DSM – quarta parte).
[11] Si veda in Note e Notizie 10-09-11 Amigdala più grande nei figli di donne depresse.
[12] Per un approfondimento sui ruoli
dell’amigdala si veda Note e Notizie
24-02-18 La
codifica amigdaloidea della gerarchia sociale confuta una tesi accreditata, e le
altre recensioni sull’amigdala nella sezione “Note e Notizie”.
[13] Il sistema Relaxin-3/RXFP3 di
BNST regola la ricerca dell’alcool (v. Note
e Notizie 14-12-13 La richiesta di alcool è regolata dalla relaxina-3).
[14] Note e Notizie 03-12-05 Nuove vie del dolore parallele a quelle note.
[15] Cfr. Note e Notizie 27-06-09 Regolazione delle risposte endocrina ed autonoma allo stress.
[16] Cfr. Note e Notizie 25-06-16 Il neuropeptide W coordina risposte allo stress.
[17] Cfr. Note e Notizie 02-06-18 Notule – Basi neurali del basso interesse sessuale nel maschio.
[18] Cfr. Note e Notizie 14-03-15 Notule – I linfociti T sono importanti per le differenze sessuali nel cervello e nel comportamento.